giovedì 29 agosto 2013

L'ombra di un passato

Viaggia indietro nel tempo
mutato e taciuto dal tempo,
livore ansante disperso
tra i rami delle rocce stellari,
confuso.
Pulviscolo immortale
di dettatura ignobile
sovrasta sovrano
sul pentimento dell’uomo.
E’ giorno
nei sogni notturni dell’anima
e il buio irrora paure
puntando lo stolto sguardo
sulle urla ferite del cuore.
Il vello maestrale si schiude
al passaggio dell’ultimo suono…

e il passato ritorna assente.

Volesse l'Universo

Che siamo soli
nemmeno l’ombra giace,
ha paura… trema,
si dimena nei mille dubbi.
Soffia il vento su parole acide,
eresie ingabbiate
il pensiero dell’uomo
annullano.
Magari un natio per la pace
e il sogno ribelle plana,
magari in eterno s’invecchia
mentre il tempo aspetta.
Aspetta di annegare
il sapiente falsario
nella remota tomba,
pel mondo nuovo,
quello vero.
Magari s’evolve,
il futuro immaginario
nell’anima irrompe
e vicino il traguardo
l’uomo rinasce
pel perpetuo… continuo.


Oltre il pensiero

Si schiude incline
l’ovattato omaggio
al pensier natio.
Scorrono fluidi
costanti indugi
al trapasso inesistente;
credere ancora
quel docile sussurro
oltre l’orizzonte.
Inciampa il cuore
del passato si nutre
e fervida la via ambrata
travolge emozioni.
Rinasce l’anima,
dalle meste ombre…

riappare.

La sconfitta

Al passo interrotto
nembi urlanti
celtiche danze scatenano,
scroscii imbarazzati
intridono
eccessi dell’uomo vago.
C’è ignoranza,
quella stilata da menti eccelse,
pur di ripiego
pel vinto amor proprio.
Vittime della memoria
oscura, arsa
dal nettare dell’avidità,
popoli in agonia
sul ventre seppellito
di tanta terra amara.
E’ un successo,
l’alito stolto
del nemico allegro
e il cuore si ribella
troppo tardi
nel battito finito.
E trama ancora
l’odio possessore,
la prossima offerta,
quel travolto lembo
il nemico dell’uomo…
quest’ultimo!


L'immortale amorfo

Pagine di collera
trattengono letture
e il fianco disperato
ferite e morti
di buia ragione tuoneran.
Torto
il respiro s’aliena
la vita nel colore
si fa
e il suono diventa luce.
Son bianche
le voci angeliche,
azzurri
gli oceani dell’anima,
nera
la roccia scritta
da granelli di polvere celestiale.
Spume e champagne
di lena
sui volti siderali
stelle e fuochi
di gran genio arriveran.
E sublime l’alba
porta il saggio
di chi in passato

sognò amando.

Speranza di vita

Come fertile singhiozzo
l’ansia strugge
ignobili cataste
di tanta sciagura
sul petto della solitudine
come incudine tace
quel dolo silenzioso.
Di rado
il vento vola silente
e irradia le vette
dell’eco tonante.
Si pur le gesta
a scalfir la mente
loda le stelle
sul fiore appassito.
E greve
il margine ferito
rinasce
pel diluvio appagatore
sul sospetto distruttore.

Nuova vita.

Se m'amassi

Parlavano di te
le tante pietre di mare
lungo le spiagge liete
del confuso amore.
Attonite
dal sol tiepido d’inverno
si degne di profumata aere,
scivolar sul corpo
lacrime e gioie
dai volti inumiditi
speranze illudono
dal duro sguardo,
la morbida missiva.
Un cenno
l’apostrofo sul core
e sillabe inebriate
di lena sussurrate.
Ch’io brami
i tuoi occhi
iridi sfuggenti,
se solo m’amassi

pel dì  nascente.

Città bruciate

Sono piante orlate d’ottone
nel tempo perduto dell’uomo,
creano viali virtuali,
si confondono
e non solo…
villaggi, paesi
e tutt’intorno
un unico urlo,
“Terra mia”.
E spiana l’immagini
di ciò ch’era,
la vita si fa giudice
e l’albe s’infuriano.
Striati pensieri
a suffragio popolare
pel condito pentimento
dell’anima svanita,
una prece.
Occhi confusi
sui specchi insabbiati dal male
cercano amore
nei borghi sognati
dal pensiero

vestito di lutto.

Notti eterne

Così tanta luce,
la notte si chiede
se curar l’ombrata cella
dell’uomo agli occhi
la presenza s’avverte
di cotanta bellezza.
E siamo lì
dinnanzi sovrani
nel regno suo ritorto
d’orfano nitore,
confusi.
Il dì cieco
all’imbarazzo ride
e scrolla il disturbo
di tanta sobrietà,
l’uomo vive non muore
nella notte nemmeno,
è solo e tenebroso.
Aspettando l’ore brevi
si dilunga l’oratore
di lucciole lui prega
che il cammin sia breve.
Risveglio il giorno canta
gesta e memorie di storia
aspettando sin da sera

la prossima fermata.

Un regalo dalla vita

Mi alzo presto,
violento risale in me
la voglia
di tornare a sognare
quel tempo di pace
di sola libertà.
Se solo potessi
immergermi sovente
nell’acque franche
del dono fluviale
e innamorato risale
e s’iberna e geme
il cantico abbandono,
semmai fossi.
Sciami sparsi e variopinti
di nitide apparenze
cercano il pensiero
dalle valli in fuga
ai sentieri tutt’intorno.
E piange il giorno
orfano della notte,
affogato nell’orme
del passaggio invisibile,
l’utopia concreta.
E silente
lo sgretolarsi
della porpora idea
s’incallisce
sul singhiozzo
strozzato dal pianto.
Di nuovo la notte
e il ritorno di me
nel lago dorato di pace…
nell’anima.